Cosa succede quando un piccolo tesoro accumulato negli anni diventa improvvisamente irraggiungibile? Il Tfr, da sempre considerato un’ancora di salvezza per tante famiglie italiane, potrebbe cambiare destinazione. Non si tratta solo di numeri o leggi, ma di un cambiamento che tocca direttamente i progetti, le paure e le speranze di chi lavora. E se il futuro delle pensioni passasse proprio da lì? Un’idea, quella dell’Inps, che sta accendendo un acceso dibattito.
Il Trattamento di fine rapporto è quella somma che, lentamente, cresce con ogni busta paga. Non è uno stipendio in più, ma ci si avvicina. È la sicurezza che, un giorno, si potrà contare su un gruzzolo per affrontare la pensione o, prima ancora, per far fronte a necessità personali. Ma cosa accadrebbe se quel gruzzolo diventasse improvvisamente vincolato, non più spendibile fino al pensionamento?

L’Italia sta affrontando un’emergenza previdenziale ormai sotto gli occhi di tutti. Nel 2025 la spesa per le pensioni supererà i 289 miliardi di euro, pari al 15,3% del Pil. Le previsioni demografiche mostrano un futuro in cui un terzo della popolazione avrà più di 65 anni. In questo scenario, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati si fa sempre più fragile. E proprio per questo motivo, qualcuno pensa che il Tfr possa diventare una leva per rafforzare il sistema pubblico.
La proposta Inps: Tfr pubblico e pensioni più flessibili
Secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, l’idea sarebbe di trattenere il Tfr maturato dai lavoratori all’interno delle casse dell’Inps. Nessuna banca previdenziale né nuovo fondo separato: i contributi resterebbero pubblici, gestiti con l’obiettivo di generare rendite da usare per anticipare la pensione o integrarla. In sostanza, si vuole trasformare quella somma in un salvadanaio vincolato fino al ritiro dal lavoro.

Tra i possibili vantaggi, la possibilità per alcuni lavoratori di uscire prima dal mondo del lavoro, superando vincoli come quello del moltiplicatore 3,2. Tuttavia, il rovescio della medaglia è evidente: il Trattamento di fine rapporto non sarebbe più richiedibile in anticipo. Addio, quindi, alla possibilità di utilizzarlo per l’acquisto di una casa, per spese mediche o per affrontare periodi difficili. Formalmente resterebbe di proprietà del lavoratore, ma nella pratica diventerebbe una somma bloccata per anni.
Giovani, previdenza complementare e libertà di scelta
Accanto a questa ipotesi, l’Inps rilancia anche la previdenza integrativa. Solo un giovane su quattro è iscritto a un fondo complementare. Per questo si valuta il ritorno al meccanismo del “silenzio-assenso”: se un neoassunto non sceglie, il suo Tfr andrà automaticamente in un fondo pensione. Una misura che punta a coinvolgere i più giovani ma che, ancora una volta, solleva dubbi sulla libertà di scelta.
Il Governo potrebbe inserire la riforma già nella prossima Legge di Bilancio. In un contesto in cui le risorse pubbliche sono sempre più scarse, la gestione del Tfr diventa una questione centrale. Un intervento che potrebbe alleggerire la spesa pubblica, ma al prezzo di un diritto meno “liquido”. Resta da capire se, in nome della sostenibilità, si è davvero disposti a sacrificare la disponibilità immediata di un capitale pensato per accompagnare, e non condizionare, la vita lavorativa.