Chi pensa che i periodi coperti dalla Legge 104 possano influire negativamente sulla pensione, potrebbe rimanere sorpreso. In molti casi, accade esattamente il contrario. Quello che sembra un momento di pausa può in realtà diventare un tassello importante per il futuro. Ma c’è un dettaglio tecnico che cambia tutto. E non tutti lo conoscono.
Il tema riguarda i contributi figurativi, ma le implicazioni vanno ben oltre i numeri. Per chi assiste un familiare con disabilità, ogni giorno può pesare, e sapere come questo impatta sulla pensione può fare davvero la differenza. I permessi non lavorati sono davvero “vuoti” per l’INPS? Oppure continuano ad avere valore, anche se in silenzio?
Quando si vive accanto a una persona fragile, le priorità si ridisegnano. Non è raro mettere in pausa la propria vita lavorativa per affrontare necessità familiari più urgenti. In questi momenti, chi utilizza i permessi della Legge 104 si chiede se l’assenza dal lavoro possa lasciare un segno negativo sulla futura pensione. I dubbi si concentrano soprattutto sui contributi figurativi, spesso percepiti come qualcosa di “meno solido” rispetto a quelli effettivamente versati. Eppure, in questo contesto, le apparenze possono ingannare.
I tre giorni di permesso retribuito concessi ogni mese grazie alla Legge 104 sono coperti da contributi figurativi accreditati dall’INPS. Questo significa che, anche se non si lavora in quei giorni, il periodo è comunque considerato valido ai fini pensionistici. In pratica, nessuna penalizzazione, né per l’anzianità contributiva né per l’importo della pensione.
È interessante sapere che, in determinati casi, i giorni mensili possono salire fino a sei. Questo accade quando più soggetti, come ad esempio il familiare disabile e il caregiver, hanno diritto ai permessi nello stesso periodo. In questi casi, è possibile cumulare i giorni fino a un massimo di sei al mese, ma si tratta di situazioni particolari, non di un’estensione automatica per tutti. Un esempio è quando entrambi i genitori lavoratori assistono lo stesso figlio con disabilità grave, oppure se il disabile usufruisce personalmente dei permessi mentre anche un familiare lo fa in parallelo.
Il sistema previdenziale riconosce il valore sociale dell’assistenza familiare, e per questo garantisce piena copertura. I giorni di permesso sono “neutri” dal punto di vista retributivo, ma attivi dal punto di vista assicurativo. Non si perdono diritti e non si subisce alcuna decurtazione dell’assegno futuro. È un modo per sostenere chi, ogni mese, si fa carico di responsabilità pesanti, spesso invisibili.
Questo meccanismo vale per tutti: dipendenti pubblici, privati, a tempo pieno o parziale. Naturalmente, è sempre utile controllare l’estratto contributivo per verificare che tutto sia correttamente registrato.
Quando si accede al congedo straordinario retribuito, previsto sempre dalla Legge 104 e della durata massima di due anni, la situazione è simile, ma con una particolarità. Anche in questo caso, l’INPS accredita contributi figurativi, validi per il diritto alla pensione e per il suo calcolo. Tuttavia, ogni anno viene stabilito un tetto massimo di reddito figurativo riconoscibile. Per il 2025, questo limite è di 57.038 euro.
Se lo stipendio supera questa soglia, l’INPS considera solo la parte entro il limite. La parte eccedente non si perde, ma semplicemente non produce effetti sulla pensione. Questo dettaglio interessa chi ha redditi medio-alti: non si verifica una riduzione, ma si perde un potenziale incremento dell’assegno.
Anche in questi casi, però, il sistema resta equo. Nessuno viene penalizzato per aver fatto una scelta di cura e assistenza. È solo una questione di limiti tecnici, che non intaccano i diritti già acquisiti. Restare aggiornati su questi aspetti è utile per pianificare il futuro in modo più consapevole.
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